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Per le donne, la tendenza ad auto-oggettificarsi aumenta il rischio di praticare sesso non sicuro

Per le donne, la tendenza ad auto-oggettificarsi aumenta il rischio di praticare sesso non sicuro

Un nuovo studio pubblicato su Archives of Sexual Behavior analizza il ruolo dell’auto-oggettivazione nella scelta di praticare sesso non sicuro. I risultati indicano che le studentesse universitarie che hanno sperimentato un livello elevato di auto-oggettivazione sono più propense a praticare sesso non protetto e meno propense ad aspettare di usare il preservativo con un partner molto desiderabile.

Le donne vengono oggettivate su diverse piattaforme mediatiche. Di conseguenza, possono interiorizzare il sistema di valutazione sociale, che le porta a vedersi come semplici oggetti da valutare in base al loro aspetto. Questa interiorizzazione, nota come auto-oggettivazione, è stata associata a conseguenze dannose per la salute mentale e fisica, come disturbi dell’umore, problemi di immagine corporea, disturbi alimentari e comportamenti sessuali a rischio.

Le ricerche hanno anche indicato che le donne con un alto livello di auto-oggettivazione possono avere difficoltà a prestare attenzione ai propri processi corporei, come ad esempio la sensazione di fame. Ad esempio, le donne che tendono a concentrarsi maggiormente sul proprio aspetto possono non sentire il freddo quando indossano pochi vestiti a basse temperature.

L’autrice dello studio Katherine M. Ingram e i suoi colleghi intendevano esplorare il legame tra l’auto-oggettivazione e il coinvolgimento in comportamenti sessuali a rischio nelle studentesse universitarie, dato l’alto tasso di malattie sessualmente trasmissibili (MTS) in questa popolazione.

Per indagare l’impatto dell’auto-oggettivazione sulla disponibilità a praticare sesso non protetto, le partecipanti sono state assegnate in modo casuale alla visione di presentazioni mediatiche destinate a stimolare l’auto-oggettivazione o a nessuna oggettivazione. Il ricercatore ha ipotizzato che coloro che erano esposti all’auto-oggettivazione avrebbero mostrato una maggiore propensione a praticare sesso a rischio rispetto a quelli del gruppo di controllo.

Lo studio ha incluso 283 studentesse che si identificavano come cisgender e che stavano frequentando almeno un corso di psicologia in un’università pubblica della regione medio-atlantica. Le partecipanti, di età compresa tra i 18 e i 35 anni, si sono auto-identificate come afro-americane, asiatiche, ispaniche, bianche o altre. Per raccogliere informazioni sul comportamento sessuale negli ultimi sei mesi, i partecipanti hanno compilato il CDC Sexual Behavior Questionnaire.

Lo studio mirava a indurre l’auto-oggettivazione in due gruppi di partecipanti utilizzando video di 5 minuti. Il video di auto-oggettivazione comprendeva spot pubblicitari con donne simili ai partecipanti e con elevate qualità di oggettivazione. Il video di controllo, invece, non presentava contenuti oggettivi o presenza umana, ma solo cani e gatti.

Lo studio ha condotto un test pre/post-pilota su studentesse universitarie, rivelando un aumento significativo dell’auto-oggettivazione dopo la visione del video di auto-oggettivazione. L’auto-oggettivazione è stata misurata utilizzando il Twenty Statements Test.

Successivamente, alle partecipanti sono state mostrate 60 immagini di potenziali partner sessuali ed è stato chiesto loro di selezionare quelli con cui avrebbero preso in considerazione l’idea di fare sesso e i partner che ritenevano più e meno probabili di avere una MTS. È stato poi chiesto loro di valutare la disponibilità ad avere rapporti sessuali con e senza preservativo, con il sesso protetto da preservativo disponibile solo dopo un ritardo variabile. Le partecipanti hanno utilizzato una scala analogica visiva per fornire punteggi per ciascun partner e l’ordine delle condizioni dei partner è stato randomizzato.

I risultati hanno indicato che quando le donne sperimentavano un aumento dei livelli di auto-oggettivazione, erano più inclini a praticare sesso non protetto e meno propense a ritardare l’uso del preservativo, ma solo con un partner altamente desiderabile. Ciò indica che l’esposizione ai media oggettivanti può avere un impatto su due distinti processi decisionali: la valutazione generale del rischio associato al mancato uso del preservativo e il ritardo nell’uso del preservativo.

“Data la pervasività dei messaggi oggettivi, voluti e non voluti, che le donne universitarie si trovano ad affrontare, l’aumento della volontà di impegnarsi in comportamenti sessuali a rischio rappresenta un problema di salute”, scrivono i ricercatori.

Ma non è chiaro quanto il compito di selezione del compagno rappresenti il processo decisionale del mondo reale. Inoltre, lo studio non ha tenuto conto di fattori quali lo status socioeconomico, la razza, l’etnia, l’età, l’identità di genere e il sesso, che possono influenzare il modo in cui gli individui reagiscono ai media oggettivanti.

Sebbene lo studio presenti alcune limitazioni, offre una prova preliminare del fatto che l’esposizione ai media può portare all’auto-oggettivazione e aumentare la probabilità di comportamenti sessuali a rischio tra le donne universitarie. Tuttavia, sono necessarie ulteriori ricerche per esplorare i meccanismi che collegano l’auto-oggettivazione alla riduzione dell’uso del preservativo e per replicare questi risultati con campioni più ampi e diversificati.




Articolo tradotto e adattato dalla dottoressa Bianca Raffaelli dal sito: www.psypost.org/2023/04/women-who-engage-in-self-objectification-are-more-likely-to-engage-in-unsafe-sex-74860


Bibliografia

Ingram, K. M., Collado, A., Felton, J. W., & Yi, R. (2023). A preliminary experimental study of self-objectification and risky sex behavior among a university sample of cisgender women in the US. Archives of sexual behavior, 1-9.



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