Diffusione in rete di video hot amatoriali: cos’è il revenge porn?
L’espressione “revenge porn”, letteralmente “porno vendetta” è un fenomeno che purtroppo si sta largamente diffondendo sul web e che consiste nel vendicarsi del proprio ex caricando sulla rete un’immagine o un video che ritrae quest’ultimo nell’atto di consumare un rapporto sessuale.
Le conseguenze dannose per la vittima sono, come immaginabile, a dir poco devastanti, dal momento che questo genere di file, dal contenuto estremamente riservato, una volta immesso nella rete diventa subito ‘virale’, circolando rapidamente sui vari ‘siti per adulti’ e nelle chat di gruppo dei sistemi di messaggistica istantanea; di fatto in questo modo è possibile, anche in pochissimi giorni, che migliaia e migliaia di persone prendano visione di tali immagini strettamente private.
La vittima purtroppo, oltre a soffrire una gravissima violazione della propria privacy, è al contempo costretta a subire tutte le reazioni che la visione di tali immagini può suscitare negli altri utenti della rete, quali offese di ogni genere, apprezzamenti per così dire ‘indelicati’, nonché a ricevere continue richieste di amicizie da perfetti sconosciuti, tutto ciò fin quando il gestore del sito, o il diretto interessato, non decida di oscurare la pagina web ove avviene questa sorta di linciaggio telematico.
E’ bene sapere che in Italia il fenomeno del “revenge porn” è punito attualmente ai sensi della normativa vigente in tema di “diffamazione” e “trattamento illecito dei dati personali”, ovvero con una pena massima di 3 anni di reclusione e 50.000 euro di multa.
Tuttavia occorre segnalare che, proprio al fine di contrastare in maniera più efficace questa piaga del web, la Camera dei Deputati ha recentemente approvato una proposta di legge finalizzata ad introdurre un nuovo reato, la “Diffusione illecita di immagini o video sessualmente espliciti”.
La proposta di legge in questione prevede che: “Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque, dopo averli realizzati o sottratti, invia, consegna, cede, pubblica o diffonde immagini o video a contenuto sessualmente esplicito, destinati a rimanere privati, senza il consenso delle persone rappresentate, è punito con la reclusione da uno a sei anni e la multa a 5.000 a 15.000 euro”. La stessa pena si applica a chi, avendo ricevuto o comunque acquisito le immagini o il video li invia, consegna, cede, pubblica o diffonde senza il consenso delle persone rappresentate al fine di recare loro nocumento. La pena è aumentata se i fatti sono commessi dal coniuge, anche separato o divorziato, o da persona che è o è stata legata da relazione affettiva alla persona offesa ovvero se i fatti sono commessi attraverso strumenti informatici o telematici. La pena è aumentata da un terzo alla metà se i fatti sono commessi in danno di persona in condizione di inferiorità fisica o psichica o in danno di una donna in stato di gravidanza. Il delitto è punito a querela della persona offesa. Il termine per la proposizione della querela è di sei mesi. La remissione della querela può essere soltanto processuale. Si procede tuttavia d’ufficio nei casi di cui al quarto comma, nonché quando il fatto è connesso con altro delitto per il quale si deve procedere d’ufficio”.[1]
Naturalmente, ai fini dell’entrata in vigore di tale proposta di legge, occorre ancora attendere l’ulteriore approvazione da parte del Senato.
Nel frattempo già diversi social network, tra cui il colosso Facebook, si sono attivati predisponendo varie strategie finalizzate a paralizzare il fenomeno del “revenge porn”.
Ad esempio, negli Stati Uniti, Canada e Australia, chiunque tema che possano essere pubblicate delle immagini riservate contro la propria volontà può effettuare una segnalazione al gestore di Facebook allegando il file ‘incriminato’ e consentire così, che lo stesso venga automaticamente riconosciuto e rimosso laddove dovesse essere pubblicato da un altro utente del social network.
Purtroppo, nonostante ciò, ogni giorno che passa apprendiamo di nuovi suicidi compiuti da chi evidentemente non è stato in grado di sopportare il peso massacrante di queste crudelissime vendette; per evitare che ciò continui a ripetersi bisognerebbe riuscire a far comprendere sul serio, sopratutto ai più giovani, che anche con un semplice ‘click’ è possibile uccidere una persona.
Avv. Andrea Ricci
[1] Disegno di legge recante “Modifiche al codice penale, al codice di procedura penale e altre disposizioni in materia di tutela delle vittime di violenza domestica e di genere (C. 1455-A e abb.)”
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