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“Child Grooming”: il reato di adescamento di minorenni

“Child Grooming”: il reato di adescamento di minorenni

Il 23 Ottobre 2012 il parlamento italiano ha ratificato la Convenzione di Lanzarote ed ha introdotto nel codice penale una nuova fattispecie di reato, rubricata all’art. 609 undecies “adescamento di minorenni”.

La condotta incriminata da tale norma è anche nota come “child grooming”, o più semplicemente “grooming” (dall’inglese: prendersi cura), e consiste in quel comportamento, particolarmente subdolo ed insidioso, volto a carpire la fiducia di un minore di sedici anni al fine di poter commettere un reato di natura sessuale nei suoi confronti.

Il reato di adescamento si realizza tramite artifici, lusinghe o minacce che generalmente vengono posti in essere mediante l’utilizzo della rete internet o degli altri mezzi di comunicazione di cui fanno uso i minori ed è punito con una pena compresa tra uno e tre anni di reclusione.

A titolo esemplificativo si può immaginare che commetta tale reato colui che, con un falso profilo facebook, si finga un affermato agente di spettacolo e contatti una quattordicenne per offrirle un provino in cambio di un rapporto sessuale.

Con l’introduzione di tale reato il legislatore ha inteso quindi rafforzare la tutela apprestata ai minori anticipando la soglia di punibilità ad un momento in cui la persona offesa non ha ancora subito alcun pregiudizio, ma corre il serio rischio di diventare vittima di un reato di natura sessuale.

Il reato di “grooming” è punito a condizione che non venga commesso anche il reato sotteso alla condotta di adescamento.

Lo scorso Aprile, la Suprema Corte di Cassazione ha infatti escluso il reato di adescamento mentre ha condannato per “tentativo di atti sessuali con minorenne” un uomo che, dopo aver adulato con numerosi sms una quindicenne, era riuscito anche a convincere la stessa a consumare un rapporto sessuale in una camera di albergo, senza però riuscirvi a causa del tempestivo blitz delle forze dell’ordine.

E’ importante precisare che, secondo quanto disposto dall’art. 609 sexies del codice penale, la persona accusata di un reato a sfondo sessuale nei confronti di un minorenne non può difendersi invocando a propria discolpa l’ignoranza dell’età del minore, salvo che la stessa non sia dovuta ad un errore assolutamente inevitabile.

Una simile ipotesi può, non di rado, verificarsi nei casi di adescamento tramite social network poiché il minore, per eludere i limiti di età imposti per l’accesso a tali siti, è costretto ad indicare una falsa data di nascita nonché ad alterare la propria immagine per assumere le sembianze di un adulto.

In questi casi, spetterà dunque al giudice il delicatissimo compito di valutare il grado di verosimiglianza dei dati anagrafici rispetto alle fotografie presenti sul profilo del minore e stabilire se l’imputato sia stato realmente consapevole dell’età del suo interlocutore o se invece abbia posto in essere una condotta qualificabile come “seduzione ingannevole” ai danni del presunto maggiorenne, senza dunque incorrere nella commissione di alcun reato.

Avv. Andrea Ricci

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