152022Lug
“Pearling”: gli uomini che per fare meglio sesso si fanno inserire delle perle nel pene

“Pearling”: gli uomini che per fare meglio sesso si fanno inserire delle perle nel pene

Poco tempo fa, una ragazza mi ha raccontato un’esperienza sessuale che aveva avuto diversi anni fa con un membro della Yakuza, l’organizzazione criminale internazionale nata in Giappone. Fino a quel momento, le uniche due cose che sapevo della Yakuza erano che il nome derivava dalla peggior mano di carte che ti può capitare giocando a Oicho-Kabu (Ya-ku-za significa letteralmente “otto-nove-tre”) e che i tatuaggi sono talmente associati a essa che chiunque ne porti può vedersi negato l’ingresso in un bagno pubblico o in un onsen.

La ragazza mi ha detto che non ricorda che il tipo avesse tatuaggi, ma ricorda benissimo le perline nel suo pene. Ho dovuto riavvolgere il nastro nella mia mente e ripensare alla frase un paio di volte. Non avevo la più pallida idea di cosa significasse. “Si mettono delle perline nel pisello per rendere il sesso più piacevole per il partner”, ha spiegato. Per stimolare meglio la vagina o l’ano, insomma. Quando le ho chiesto se aveva funzionato, lei mi ha risposto senza troppi giri di parole che era più concentrata sul gestire l’inquietudine di avere rapporti sessuali con un presunto gangster, più che su quanto fosse piacevole.

Sono rimasto così affascinato dagli altri aspetti della sua storia che non ho pensato di fare ricerche su che cosa volesse effettivamente dire infilarsi delle perle nel pene – almeno fino a qualche giorno dopo. Basandomi sulla sua breve descrizione, all’inizio pensavo che la procedura prevedesse di infilare delle perle nel dotto urinario, come se si stesse ricaricando un piccolo moschetto. Ma un articolo del 2010 su quello che viene definito “impianto di noduli penieni artificiali” pubblicato dal Journal of Sexual Medicine, tuttavia, ha sia confermato lo strano legame tra questa pratica e il crimine organizzato che spiegato esattamente che cosa comporta la procedura. Mi spiego.

Conosciuta come pearling o beading, questo tipo di modificazione corporea richiede che si pratichi un’incisione sull’asta del pene in cui viene inserito un oggetto sferico o a volte curvo e allungato. Agli inizi si usavano perle – da qui il nome della pratica – ma oggi gli impianti possono essere fatti di silicone, nylon, Teflon, acciaio o titanio. Spesso, un oggetto singolo viene impiantato sulla parte dorsale (il sopra) dell’asta del pene, anche se è possibile distribuirne diversi in vari modi: in fila, attorno alla circonferenza, o in maniera casuale. Come potrete immaginare, farsi infilare delle perle sotto la pelle del pene comporta alcuni rischi.

“Chi si sottopone al pearling deve ricordarsi che si tratta pur sempre di un corpo estraneo che viene inserito nel corpo”, dice il chirurgo plastico Neil Tanna, che aggiunge che qualunque impianto può potenzialmente comportare emorragie, infezioni, spostamenti del corpo estraneo e perdita di sensibilità. “Inoltre, l’inserzione sottopelle di materiale errato può portare a una grave infiammazione”.

Un pene pieno di bozzi e potenzialmente infetto potrebbe non sembrare particolarmente attraente esteticamente – forse un po’ troppo wabi-sabi, per usare l’espressione giapponese che indica “la bellezza nell’imperfezione, nel non permanente e nell’asimmetrico”. Ma in fondo lo scopo del pearling è quello di accrescere il piacere sessuale, non di migliorare l’estetica. Trovo affascinante che questi machi di una gang criminale così pericolosa e patriarcale si pongano il problema di far godere i partner in maniera così seria da correre tutti questi rischi per farsi modificare i genitali. Certo, bisogna notare che tra di loro i membri della Yakuza fanno riferimento alle varie “cosche” come “ninkyō dantai”, cioè “organizzazioni cavalleresche”.

Un altro aspetto interessante è che il pearling per chi fa parte della Yakuza avviene prevalentemente in prigione e ogni perla simboleggia un anno passato in gabbia. Non si sa come, la pratica ha preso piede anche negli Stati Uniti, dove i detenuti usano un cucchiaio di plastica affilato per praticare l’incisione e infilano tessere del domino, biglie e teste staccate a pezzi degli scacchi sotto la pelle del pene. Due estati fa, VICE ha convinto quattro ospiti di un carcere a parlare della loro esperienza con il pearling. Non sembravano per nulla colpiti dal paradosso di modificare il proprio pene per dare maggior piacere a una partner donna quando si è chiusi in un posto dove di donne non c’è neanche l’ombra.

In quell’articolo, un detenuto parla di un’amica ex-prostituta che sosteneva che le sex worker odiassero gli impianti, perché tendono a fare male. Eppure, l’idea che avere il pene perlato ti farà procurare decine di orgasmi potentissimi al tuo partner sembra aver preso piede. È molto diffusa a Cuba, per esempio, nonostante la pratica sia risultata in casi di tetano, balanite (infiammazione del glande) e cancrena, portando in alcuni casi all’amputazione del pene. Anche i marinai filippini sembrano apprezzarla. Secondo un sondaggio del 1999, il 57% di 314 lupi di mare filippini aveva le bolitas impiantate nel pene, giustificate dalla credenza che questo li avrebbe resi più benvoluti dalle prostitute, in particolare da quelle di Rio De Janeiro.

La psicologa sessuologa cubana Almudena López dell’Ospedale Universitario di Móstoles dubita fortemente che le perle funzionino. “Per stimolare davvero il clitoride, la perla andrebbe piazzata alla base del pene, cosa che non avviene mai”, ha detto a VICE nel 2016. “Per quanto riguarda il punto G, di solito è facile raggiungerlo con un dito, ma molto più complicato toccarlo con il pene. Naturalmente nell’erotismo la psicologia gioca un ruolo fondamentale, e visto che questa famosa perla ha un certo alone di mistero, potrebbe funzionare come stimolante più per il cervello che per altre parti del corpo.”


Traduzione e adattamento a cura del Dr. Lorenzo Borrello dell’articolo “People Are Shoving Beads into Their Penis Skin for Better Sex” di Grant Stoddard, pubblicato su VICE (2018). https://www.vice.com/en/article/gy3j47/pearling-body-modification-sex


BIBLIOGRAFIA

Fischer, N., Hauser, S., Brede, O., Fisang, C., & Müller, S. (2010). Implantation of Artificial Penile Nodules – A Review of Literature. The Journal of Sexual Medicine, 7(11), 3565-71.



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